Si sente tanto parlare di crisi oggi, è una parola di uso comune. Nell’ambito aziendale cos’è una crisi? Come si manifesta? Come si previene? E soprattutto, come si affronta e si supera?
L’impresa, come ogni altro soggetto, affronta nel corso della propria vita momenti di difficoltà, anche particolarmente intensi e tali da comportare il rischio di dissoluzione e scomparsa dal mercato. Ogni imprenditore, dovendo agire da buon padre di famiglia, ha l’evidente dovere di fronteggiare questi momenti, cercando dapprima di analizzarli per capirne la natura e successivamente agire per superarli.
La crisi può manifestarsi a diversi livelli, può essere di tipo economico quando ad esempio i costi superano i ricavi. Oppure di tipo finanziario quando le difficoltà sono nei pagamenti, nella liquidità presente sui conti. O ancora le difficoltà possono essere di natura competitiva, oppure di natura organizzativa. Altre situazioni di crisi possono verificarsi con problemi a livello proprietario, sociale o ancora reputazionale.
Tutti questi casi rappresentano la punta dell’iceberg per un problema che è profondo ma una prima soluzione è comune a tutte queste: la presa di consapevolezza di un problema. L’inezia organizzativa e culturale dell’impresa ad acquisire la consapevolezza dei problemi esistenti, nonché ad assumere ragionevoli e pertinenti decisioni, può rappresentare un primo gravissimo problema per l’impresa. In tempi di crisi infatti, il tempo di reazione da parte dell’impresa diviene fattore fondamentale per evitare l’aggravamento della situazione e per generare le condizioni di un cambiamento strategico.
Con il decorrere del tempo infatti, in un contesto di inezia decisionale, le difficoltà dell’impresa tendono normalmente ad aumentare di intensità (perché si amplia la gravità del singolo problema che originariamente ha attivato la dinamica negativa dell’impresa), generare nuove situazioni di criticità ed accrescere le difficoltà ad apprestare una sola e semplice soluzione strategica. Come un gomitolo di lana ingarbugliato, la mancanza di un giusto timing per l’azione di risoluzione, comporta gravi problemi nel trovare il bandolo della matassa e da lì partire per sciogliere il filo.
Una volta compreso il problema con il giusto timing, dopo la diagnosi avremo tre diversi approcci al problema:
- Impresa passiva: subisce il problema, la crisi. Prende consapevolezza ma non fa niente per risolverlo oppure agisce senza energia, senza la giusta intenzione. L’esito è facilmente immaginabile.
- Impresa reattiva: reagisce al problema, agendo con più o meno profondità, cercando di superarlo. Accade nella maggior parte delle situazioni, a volte riesce a superare la crisi ed a volte no. Dipende dalla capacità di analisi del problema, della capacità di mettersi in discussione e vincere i problemi.
- Impresa proattiva: è il terzo caso, quello più vincente. L’impresa proattiva agisce in anticipo, ha un controllo dei numeri e delle situazioni aziendali tali da prevenire le situazioni di crisi. In ogni caso, qualora si dovessero presentare situazioni di difficoltà, si sente responsabile (concetto chiave) della crisi, reagisce dall’interno del problema con la volontà di cambiare le situazioni che sono solo la manifestazione esterna della crisi. Capisce ed agisce attivamente con la consapevolezza che, scegliendo la reazione giusta, si possono influenzare e direzionare le circostanze che si stanno vivendo. Quello dell’impresa proattiva è il modello da seguire.
Tornando al tema principale della crisi aziendale, la dinamica degenerativa comporta alcune fasi temporali diverse, tutte opportunamente distinguibili, ciascuna delle quali caratterizzata da un diverso approccio alla risoluzione dei problemi. Le fasi temporali sono 4 e precisamente:
- Declino;
- Crisi in senso proprio;
- Insolvenza;
- Dissesto.
L’impresa è così destinata a porre in essere due tipi di competenze: di diagnosi e di fronteggiamento. Se nella diagnosi si analizzano le cause originarie che hanno portato alla crisi, nelle strategie di fronteggiamento dobbiamo fare un distinguo fra quelle destinate al breve periodo e quelle destinate al medio-lungo periodo. Le prime spesso non hanno un nesso diretto con le cause della crisi dell’impresa, ma agiscono normalmente sui sintomi ritenuti più evidenti e maggiormente critici. Gli obiettivi di queste azioni strategiche possono generare da subito miglioramenti quali la riduzione del costo del lavoro oppure maggiore liquidità finanziaria sui conti o ancora la riduzione del costo degli approvvigionamenti o degli interessi sostenuti sui finanziamenti. Per consentire questi risultati l’impresa ricorre tipicamente al licenziamento o alla Cassa Integrazione Guadagni per i propri lavoratori, richiede una maggiore dilazione di pagamento ai propri fornitori, lavora sul magazzino riducendo le scorte ed ottimizzando le proprie risorse anche a rischio di pregiudicare i livelli futuri delle vendite o ancora offre incentivi ai propri agenti per sollecitare e spingere le vendite ai clienti. Se l’impresa è di grande dimensione o se fortemente radicata sul territorio, talvolta può esercitare anche una forte pressione sulle istituzioni pubbliche per ottenere facilitazioni o semplicemente anche un interesse sociale e politico alla crisi aziendale.
Nelle strategie di fronteggiamento di medio-lungo periodo invece, si lavora direttamente sul problema tendendo a istituire nessi forti e diretti fra le cause della crisi e le necessarie terapie per rimuoverle in modo strutturale. Occorre evidenziare con chiarezza i diversi livelli di analisi coinvolgendo e responsabilizzando da prima il capitale umano (livello proprietario, livello di management e personale dipendente), riconfigurando l’impresa attraverso strategie di riconversione, riposizionamento sul mercato e ridimensionamento, con l’obiettivo univoco di ristrutturare l’azienda.
In estrema sintesi si può dire che le strategie di fronteggiamento di breve periodo tendono a garantire la sopravvivenza nell’immediato, quelle correttive di medio-lungo mirano invece a garantire e perseguire l’uscita dalla crisi. Non ne esiste una migliore, anzi è compito di chi gestisce la crisi riuscire a creare un mix equilibrato fra le due strategie; uno sbilanciamento a favore di una o dell’altra strategia, può rischiare di pregiudicare l’azione complessiva di risanamento, nonché un rilancio competitivo dell’impresa.
Lasciatemi concludere infine con un concetto importante: la crisi come opportunità. La crisi può divenire nelle imprese un’opportunità per acquisire nuova consapevolezza sulle proprie criticità e sui propri fattori di debolezza e conseguentemente, un momento per fare incetta di nuove competenze e di nuovi percorsi di innovazione organizzativa, di prodotto, di mercato e di tecnologia.
Albert Einstein nel 1955 scrisse: “ La crisi può essere una vera benedizione per ogni persona e per ogni nazione, perché è proprio la crisi a portare progresso. La creatività nasce dall’angoscia, come il giorno nasce dalla notte oscura. È nella crisi che nasce l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere superato. Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è routine, una lenta agonia. Senza crisi non ci sono meriti. È nella crisi che il meglio di ognuno di noi affiora. Cerchiamo di lavorare sodo, smettiamola, una volta per tutte, l’unica crisi minacciosa è la tragedia di non voler lottare per superarla.”
Se hai dubbi o senti la necessità di approfondire alcuni di questi concetti non esitare a contattarmi, posso sicuramente aiutarti a sviluppare la tua impresa e generare una strategia vincente per il tuo business.
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